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Vacanze a Padova

A Padova (Veneto), nell' area del centro storico sono state ritrovate tracce di un insediamento paleoveneto risalente a 800-900 anni prima di Cristo. Entrata sotto il controllo dei Romani durante il II secolo a.C., Patavium sarebbe divenuta una tra le più floride città dell'impero. Dopo le invasioni barbariche, per un'autentica ripresa si dovette aspettare il rafforzamento dell'autorità vescovile sotto l'egida del Sacro Romano Impero; all'inizio del XIII secolo si rappresentò il libero Comune, che decenni dovette però cedere il passo alle signorie, tra le quali finirono per imporsi i Da Carrara, saliti al potere nel 1318. La loro politica espansionistica si scontrò con le ambizioni dei Visconti e con quelle della Repubblica di Venezia, che nel 1406 s'impadronì della città, rimasta alle sue dipendenze fino all'arrivo di Napoleone. Assegnata dal congresso di Vienna all'Austria Padova entrò a far parte del regno d'Italia nel 1866.

II palazzo della Ragione.
Detto anche Salone. con riferimento alla grande aula. al piano superiore, fu innalzato nel 1218-19 per accogliere le magistrature comunali. Risale al primo decennio del '300 l'aggiunta delle logge esterne al piano nobile, su progetto di fra' Giovanni degli Eremitami.
Il grande tetto a carena di nave, divelto da una tromba d'aria nel 1759, fu ristabilito. Nel 1420 un incendio annientò gli affreschi di Giotto nel Salone, avvicendati da una decorazione pittorica che, riprendendo gli schemi del maestro, offre un grande ciclo astrologico diviso in 12 parti, corrispondenti ai mesi dell'anno e ai segni zodiacali. Degna di nota, se non altro a titolo di curiosità, anche la duecentesca pietra del Vituperio, dove venivano fatti sedere i commercianti bancarottieri, vestiti solo della camicia. Il palazzo domina piazza delle Erbe, che mantiene la destinazione originaria di luogo di mercato e dei commerci.

Università.
Lo Studium patavino, fondato nel 1223, ebbe la sua prima sede stabile nel 1493, quando fu soprannominato Bo' per il bue raffigurato nell'insegna della locanda di cui prese il posto. L'odierno edificio, ingrandito e restaurato più volte, conserva alcune memorie dell'antica Università: la cattedra di Galileo Galilei e, principalmente, il Teatro anatomico, il primo del genere in Italia. Tra le realizzazioni contemporanee, notare il mosaico di Gino Beverini e il Palinuro di Arturo Martini sua ultima scultura.

Il Duomo e il Battistero.
La Cattedrale si contraddistingue più per le sue dimensioni che per il pregio architettonico, e questo sebbene il progetto sia di Michelangelo. Se ciò fu possibile lo si dovette ai capifabbrica, che a partire dalla metà del XVI secolo misero in atto con eccessiva libertà le idee del maestro. Nel 1754 toccò all'architetto Girolamo Frigimefica di prendere in mano la fabbrica del Duomo, e tuttavia lasciò la facciata incompiuta. All'interno sono conservate tele dei Bassano, di Giandomenico Tiepolo, nonché una Madonna di Giusto de' Menabuoi. Il Battistero, sorto nel XII secolo per svolgere funzioni battesimali e promosso a mausoleo dalla famiglia patrizia dei Carrara (XIV secolo), è il capolavoro del complesso religioso padovano.
L'interno conserva, infatti, un eccezionale ciclo di affreschi che ne decorano le pareti, in cui l'arte del fiorentino Giusto de' Menabuoi giunge la sua massima espressione. Di forte impatto è la grande Crocifissione, sulla cui complessa simbologia pare abbia agito l'influsso di Francesco Petrarca.

Prato della Valle.
Fu pensato nel XVIII secolo come nuovo centro commerciale della città, per volere del procuratore veneziano Andrea Memmo; vi si tennero le grandi fiere urbane e le pubbliche adunanze, che si potevano svolgere non soltanto in uno spazio  ampio ma anche in condizioni igieniche adattate e in una suggestiva cornice scenografica. Ne è derivata una delle più eccezionali e smisurate piazze di tutta Europa, nata su progetto di Domenico Cerato.

S. Giustina.
La Basilica benedettina ha cambiato aspetto svariate volte, dall'originario edificio paleocristiano al colossale edificio odierno senza che fosse mai portata a termine la facciata. In ogni caso, il suo prospetto in mattoni è ormi entrato a pieno titolo nell'immagine acquisita, grazie anche allo sfondo delle otto cupole e del campanile, impostato sulla torre medievale.
Poderosi pilastri dividono in tre navate l'interno, dove si entra nel transetto destro per osservare il sacello di S. Prosdocimo, residuo della chiesa primitiva, con una preziosa iconostasi marmorea del VI secolo. Attraverso il Coro vecchio, ripreso dal tempio tardo-medievale si accede all'antica sagrestia, che contiene l'architrave di un portale romanico databile intorno al 1080. Notevoli gli intagli e i decori del coro dove si segnala anche una bella pala d'altare del Veronese. Nel transetto sinistro è collocata l'arca di S. Luca opera di manifattura pisana con bellissimi rilievi in alabastro.

S. Antonio.
Generalmente nota come il Santo, la Basilica fu innalzata dal 1232 per accogliere le spoglie del santo portoghese, morto (1231) nella città veneta alla quale ha legato il nome. Le forme della chiesa sono ispirate all'architettura bizantina, con otto cupole quella posteriore è settecentesca disposte a croce. L'abside appare più riuscita rispetto alla facciata, che vede quattro arcate cieche a sesto acuto sormontate da una galleria e da un timpano con rosone e campaniletto.
Capolavori d'arte in S. Antonio.
L'interno, a tre navate, è un vero raccolto di opere d'arte di altissimo pregio. Da non perdere, nel transetto, la cappella di S. Felice, insolito esempio di fusione tra architettura e decorazione pittorica, quest'ultima dovuta ad Altichiero, che nell'intensa Crocifissione arriva un vertice dell'arte italiana del Trecento. Al XIV secolo risale anche l'organo sopra la cappella, dotato di ben 4189 canne. Un'altra preziosa Crocifissione è nella sala del Capitolo, per mano probabilmente di Giotto. Straordinari i bronzi dell'altare maggiore, opera di Donatello cui si deve anche la retrostante Deposizione in pietra, mentre il monumentale candelabro con figurazioni sacre e allegoriche fu fatto tra il 1507 e il 1515 da Andrea Briosco. Il deambulatorio è aperto su una serie di cappelle delle diverse nazionalità: quella centrale, del tardo '600, ospita il Tesoro, dove risaltano i due reliquiari di S. Antonio, navicelle rinascimentali per l'incenso e le casse in legno che avevano contenuto i resti del santo.
Terminato il giro del deambulatorio la cappella della Madonna Mora introduce quella del beato Luca Belludi che contiene l'ultimo ciclo di affreschi eseguito dal maestro fiorentino Giusto de' Menabuoi. Nell'attigua cappella dell’arca del santo ideata da Briosco nel 1500, si trova l’arca in marmo verde con le spoglie di S. Antonio ordinata dietro l’altare.
Dopo la visita al Museo antoniano, dove risaltano la lunetta di Andrea Mantegna, già sul portale maggiore del la basilica, e le 37 statue dell'altare del S. Sacramento, si può uscire in piazza del Santo: in mezzo alle bancarelle si erge il monumento al Gattamelata, con una bellissima statua equestre in bronzo di Donatello Sulla piazza affaccia anche l'oratorio di S. Giorgio, completamente decorato da affreschi di Altichiero, capolavoro dell'arte rnedievale. L'adiacente Scuola del Santo annovera non meno importanti decorazioni pittoriche del '500.

Gli Eremitani.
Così è denominata la chiesa dedicata ai Ss. Filippo e Giacomo riportata a pieno splendore dopo che il bombardamento dell'11 marzo 1944 l'aveva ridotta a un rudere. Fu impossibile riprendere alcuni tra i magnifici affreschi della cappella Ovetari, fatti tra il 1448 e il 1455 da Andrea Mantegna, Antonio Vivarini e altri artisti veneti: ne restano due riquadri del Martirio di S. Cristoforo, l'Assunta dietro l'altare e parte del Martirio di S. Jacopo. Notevoli anche i cicli pittorici trecenteschi nel presbiterio, opera del Guariento e il mausoleo dell'umanista Marco Mantova Benavides di Bartolomeo Ammannati.

Museo civico.
L'ex convento degli Eremitani accoglie, dopo il restauro firmato da Franco Albini e Franca Helg, le raccolte civiche, con una sezione archeologica contenente reperti dalla civiltà paleoveneta all'epoca paleocristiana. La Pinacoteca civica raccoglie opere di Giotto, Guariento, Alvise Vivarini, Jacopo Bellini, Tintoretto, Romanino e del Veronese senza dimenticare Jacopo e Leandro Bassano, Palma il Giovane, il Padovanino, Giovanni Battista Tiepolo, Marco e Sebastiano Ricci. Il complesso espositivo implica anche la Quadreria Etto Capodilista, con oltre 500 dipinti veneti e fiamminghi: degni di nota la Leda di Giorgione, le Scene mitologiche di Tiziano e il Giovane senatore di Giovanni Bellini.

La cappella degli Scrovegni.
La stupenda bellezza degli affreschi di Giotto, rivoluzionari per il loro realismo e per la sensibilità prospettica, riesce a far dimenticare che la cappella fu innalzata in memoria di un noto usuraio, ricordato anche da Dante nella Divina Commedia. Oltre ai 38 episodi del ciclo si devono al maestro i cicli delle sette Virtù e dei sette Vizi capitali negli zoccoli delle pareti laterali, e inoltre il Giudizio universale in controfacciata; le statue della Madonna e degli angeli all'altare sono opera di Giovanni Pisano.

La riviera del Brenta.
Straordinaria è la concentrazione di ville nobiliari lungo questo canale, avvenuta in gran parte tra Cinque e Settecento. Queste dimore erano luoghi di delizia e di riposo, ma anche veri e propri "status symbol” della società veneziana del tempo. Per comprendere le atmosfere di quell'epoca, quando, tra giugno e luglio e tra ottobre e novembre, l'aristocrazia si spostava in campagna per gli ozi mondani.

Stra: villa Pisani.
Il nome Stra sembrerebbe ricordare la sua posizione lungo la Via Emilia Altinate. Ma è sul naviglio di Brenta che scorreva la vita d'un tempo. Tra le tante case, la più nota è villa Pisani ora Nazionale, culmine decadente di tale modello produttivo sia per la grandiosità dell'impianto, sia per l'epoca tarda della costruzione. La casata ne affidò il progetto a Girolamo Frigimelica, che portò a termine solo le scuderie e gli edifici del parco; i lavori furono terminati nel 1740 da Francesco Maria Preti.
Ceduta nel 1807 a Napoleone, la dimora passò dopo la Restaurazione agli Asburgo cui nel 1866 sostituirono i Savoia.
La fronte rivolta al canale offre, con i suoi modi da reggia, un ottimo esempio del revival palladiano che caratterizzò l'architettura veneta del secondo '700.
Una serie di cariatidi sostiene la balconata del corpo centrale, scandito da semicolonne corinzie che reggono cornicione, timpano e statue; impostazione simile, ma a lesene ioniche, rivelano le ali, destinate agli appartamenti padronali e alle stanze per gli ospiti. Nel corpo centrale furono invece ricavati l'atrio e, in cima allo scalone, l’imponente salone da ballo, con la volta abbellita da un grandioso affresco del Tiepolo. Alle spalle della villa, il parco si sviluppa intorno a una vasca dalla quale si arrivano il labirinto in siepi di bosso, l'esedra terrazzata e le scuderie. Ripreso il Burchiello, gli alberi la sponda destra del canale nascondono alla vista il prospetto barocco della villa Carata Pisani, accompagnato da ali aggiunte alla fine del XVIII secolo.