vacanze a vibo valentia
Il museo archeologico statale trabocca di testimonianze del passato della città di Vibo Valentia (Calabria), e già di per sé giustificherebbe la visita del capoluogo, che nondimeno vanta altri preziosi tesori in gran parte ancora da scoprire. Oggi la città guarda con ripetuto interesse turistico alle splendide trasparenze del suo mare, che accarezza con le tonalità turchesi e smeraldine piccole cale custodisce tra aspre scogliere e spiagge di bianchissima sabbia. lungo la luminosa costa del promontorio di capo Vaticano si incontrano luoghi tra i più belli del litorale calabrese, sviluppati dai molteplici villaggi turistici, dai campeggi e dagli alberghi che in alcuni tratti si susseguono senza soluzione di continuità. Eppure basta entrare un poco nell'entroterra per ritrovare, anche in piena estate, la calma e il silenzio dei piccoli borghi, comuni agli abitati che punteggiano il massiccio delle Serre, ricoperto da fitte foreste di abeti bianchi, castagni e faggi.
Il leone rampante nello stemma della città di Vibo Valentia ridà il periodo normanno, quando l'allora ,Monteleone divenne un centro militare di grande importanza per il controllo dell'entroterra e delle principali vie costiere. Ma il toponimo attuale, inserito nel 1928, si ricolega a vicende ben più antiche: Velp, da deriva Vibo, era infatti il nome dell'insediamento bruzio, mentre Valentia ricorda la Mina romana sorta nel 114 a.C., dopo la conquista della greca Hipponion. Alle strade rettilinee e alle grandi piazze dell'abitato moderno fanno riscontro le tortuose viuzze che salgono verso il castello, dove la vista abbraccia la costa da capo Palinuro fino alla sagoma dell'Etna.
Il Duomo.
È un solenne edificio barocco, innalzato tra il 1680 e il 1723 3 secondo i progetti dell'architetto e locale Francesco Antonio Curatoli sui resti di una chiesa medievale annientata dal terremoto del 1638. Grandi statue in gesso e decorazioni in stucco ne decorano le tre navate interne, dove l'attenzione si raccoglie sulla Madonna della Neve in marmo bianco all'altare maggiore, opera dello scultore partenopeo Annibale Caccavello e principalmente sul magnifico trittico di Antonello Gagini nel transetto sinistro, conseguito nella prima metà del '500. Allo stesso secolo risale la tavola Madonna della sanità e il Crocifisso in legno.
Il Valentianum .
Accanto alla Cattedrale, l'ex convento domenicano ospita il Museo d'Arte Sacra, con oggetti e arredi religiosi, Crocifissi in avorio o legno e molteplici dipinti dei secoli XVI-XIX, tra i quali spicca una S. Caterina fatta nel primo '600 dal fiammingo Wenzel Cobregher. Assai ricco il patrimonio di sculture, contenente statue in marmo, calchi e plastici in gesso di Francesco Ferace, nonché le ammirabili figure in bronzo dorato conseguite da Cosimo Fanzago e aiuti per il ciborio della Certosa di Serra San Bruno, raffiguranti quattro angeli adoratati e altrettanti santi: evidenti, sulle loro delicate forme, i segni del terribile sisma che nel 1783 annientò il complesso.
Il Castello e l'area archeologica di Hipponion.
I Normanni edificarono sull'acropoli di Hipponion una poderosa torre cilindrica, intorno alla quale vennero uniti altri corpi di fabbrica sotto Federico II e durante il periodo angioino. Altri interventi furono disposti dagli Aragonesi. Gravemente danneggiato dal terremoto del 1783, il fortilizio è stato restaurato al fine di sistemarvi il Museo archeologico statale, che enumera materiali dall'epoca preistorica fino al medioevo, compresa una preziosa laminetta aurea con iscrizione di contenuto orfico, proveniente dalla necropoli di Hipponion (V-IV secolo a.C.). Le vestigia dell'insediamento greco di Hipponion, situate a nord-est dell'abitato odierno, contengono i resti di grandiose mura turrite in conci d'arenaria e, presso la spianata del Belvedere Grande, lo stilobate di un tempio dorico coevo.
Il leone rampante nello stemma della città di Vibo Valentia ridà il periodo normanno, quando l'allora ,Monteleone divenne un centro militare di grande importanza per il controllo dell'entroterra e delle principali vie costiere. Ma il toponimo attuale, inserito nel 1928, si ricolega a vicende ben più antiche: Velp, da deriva Vibo, era infatti il nome dell'insediamento bruzio, mentre Valentia ricorda la Mina romana sorta nel 114 a.C., dopo la conquista della greca Hipponion. Alle strade rettilinee e alle grandi piazze dell'abitato moderno fanno riscontro le tortuose viuzze che salgono verso il castello, dove la vista abbraccia la costa da capo Palinuro fino alla sagoma dell'Etna.
Il Duomo.
È un solenne edificio barocco, innalzato tra il 1680 e il 1723 3 secondo i progetti dell'architetto e locale Francesco Antonio Curatoli sui resti di una chiesa medievale annientata dal terremoto del 1638. Grandi statue in gesso e decorazioni in stucco ne decorano le tre navate interne, dove l'attenzione si raccoglie sulla Madonna della Neve in marmo bianco all'altare maggiore, opera dello scultore partenopeo Annibale Caccavello e principalmente sul magnifico trittico di Antonello Gagini nel transetto sinistro, conseguito nella prima metà del '500. Allo stesso secolo risale la tavola Madonna della sanità e il Crocifisso in legno.
Il Valentianum .
Accanto alla Cattedrale, l'ex convento domenicano ospita il Museo d'Arte Sacra, con oggetti e arredi religiosi, Crocifissi in avorio o legno e molteplici dipinti dei secoli XVI-XIX, tra i quali spicca una S. Caterina fatta nel primo '600 dal fiammingo Wenzel Cobregher. Assai ricco il patrimonio di sculture, contenente statue in marmo, calchi e plastici in gesso di Francesco Ferace, nonché le ammirabili figure in bronzo dorato conseguite da Cosimo Fanzago e aiuti per il ciborio della Certosa di Serra San Bruno, raffiguranti quattro angeli adoratati e altrettanti santi: evidenti, sulle loro delicate forme, i segni del terribile sisma che nel 1783 annientò il complesso.
Il Castello e l'area archeologica di Hipponion.
I Normanni edificarono sull'acropoli di Hipponion una poderosa torre cilindrica, intorno alla quale vennero uniti altri corpi di fabbrica sotto Federico II e durante il periodo angioino. Altri interventi furono disposti dagli Aragonesi. Gravemente danneggiato dal terremoto del 1783, il fortilizio è stato restaurato al fine di sistemarvi il Museo archeologico statale, che enumera materiali dall'epoca preistorica fino al medioevo, compresa una preziosa laminetta aurea con iscrizione di contenuto orfico, proveniente dalla necropoli di Hipponion (V-IV secolo a.C.). Le vestigia dell'insediamento greco di Hipponion, situate a nord-est dell'abitato odierno, contengono i resti di grandiose mura turrite in conci d'arenaria e, presso la spianata del Belvedere Grande, lo stilobate di un tempio dorico coevo.